Con il progetto “Api in città” l’Arma dei Carabinieri rileva il livello di inquinamento e biodiversità dei centri abitati. Questi piccoli insetti, importanti bioindicatori ambientali, sono minacciati anche dalla crisi climatica, per questo è necessario proteggerli
Come elicotteri in ricognizione, milioni di minuscole api spiccano il volo dai tetti delle caserme italiane e viaggiano fino a due chilometri di distanza, collezionando una serie di informazioni preziosissime.
Al loro ritorno, una volta avvenuta l’impollinazione, sono in grado di riconsegnarci dettagli fondamentali sullo stato di biodiversità delle città, sull’inquinamento dell’aria, sulla presenza di metalli pesanti o sul generale stato di salute di determinati ecosistemi.
Oggi, le api “in divisa” sono importanti alleati per i Carabinieri italiani.
Parliamo delle api mellifere ospitate in più di 120 arnie e posizionate sui tetti delle caserme di tutta Italia, grazie al progetto “Api in città”, che prosegue e si espande. L’iniziativa è nata nel 2018 e vede la collaborazione fra Arma, Federazione Apicoltori Italiani (FAI), Enti e Istituzioni scientifiche.
In occasione del 20 maggio, Giornata Mondiale delle Api, il Colonnello Giancarlo Papitto, Capo Ufficio progetti, convenzioni, educazione ambientale del Comando unità forestali, ambientali e agroalimentari (CUFA), racconta l’importanza della presenza delle api sui tetti delle caserme, cresciuta anche grazie all’uso della tecnologia e oggi al centro di un interessante progetto di biomonitoraggio ambientale.
INSETTI “INFORMATORI”

“Attualmente abbiamo sessanta postazioni – spiega Papitto – ognuna costituita da due alveari elettronici. Grazie a un sensore posto sulle arnie è possibile acquisire dati sulla temperatura, l’umidità, il peso dell’arnia, la vigoria della colonia e tanti altri dettagli sulle condizioni degli insetti. Dall’alveare le api volano per circa due chilometri, esplorando più o meno otto chilometri quadrati di territorio dove bottinano, visitando i fiori per prelevare il nettare, per poi rientrare alla base”.
Una volta tornate in caserma, dal miele prodotto e dalle polveri raccolte sul corpo degli insetti, i Carabinieri riescono a ottenere importanti informazioni sulla situazione del territorio.
“Periodicamente preleviamo il miele. Grazie all’analisi melissopalinologica otteniamo dati sulla biodiversità e tracciamo le specie dalle quali l’ape ha raccolto il polline, ricevendo informazioni dettagliate sulla presenza di piante nel territorio esplorato. Con il loro addome peloso le api raccolgono anche inquinanti. La collaborazione con l’Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e la Toscana ci permette di analizzare policiclici aromatici, diossine e furani, e con l’aiuto del Consiglio per la Ricerca in Agricoltura e l’Analisi dell’Economia Agraria (CREA) scandagliamo i metalli pesanti, individuando così i principali veleni presenti nelle città. Si tratta di un’importante attività di monitoraggio biologico”, spiega il Colonnello Papitto.
I primi alveari avviati sulle caserme di Roma in collaborazione con il FAI, le famose arnie “numero uno”, avevano mostrato una straordinaria e sconosciuta biodiversità della Capitale. Le analisi del miele hanno evidenziato la presenza di oltre 150 specie botaniche, tra cui piante di cappero e altre considerate esotiche. Una cifra di portata superiore rispetto a quelle presenti nelle zone rurali, caratterizzate dalle monocolture.
Il passo in più, ora che le arnie dei Carabinieri sono presenti in sempre più città italiane, è stato rendere questa iniziativa “un progetto scientifico”.
Oggi lo studio vede la collaborazione anche dell’Istituto Superiore Protezione e Ricerca Ambientale (ISPRA), che valuta la biodiversità e dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), che confronta i dati del monitoraggio con quelli da rilevamento “classico” dell’Arpa. I controlli sono approfonditi e in grado di fornire nuovi dati.
A fine 2024, in un convegno dedicato, verranno resi noti tutti i dati ottenuti grazie alle “missioni” delle api militari.
Nel frattempo Papitto ricorda come, in generale, gli impollinatori sono “alla base della vita. Senza le api avremmo problemi alimentari non di poco conto, perché il ruolo di questi insetti, come impollinatori, ci garantisce ad esempio la frutta. Permettono la riproduzione e ci aiutano a capire molto del territorio in cui viviamo”.
Queste sentinelle ambientali aiutano la gestione delle aree urbane, le scelte politiche per migliorare la qualità di vita delle città e tutelano di conseguenza la salute dei cittadini.
PRESERVIAMO LE API

Insomma, come ricorda Raffaele Cirone, Presidente del FAI, sono davvero utili alleati: “In ambiente urbano la destrezza delle api da miele ci permette di ottenere dati positivi, come quelli sulla biodiversità, oppure negativi, come sull’inquinamento o la qualità dell’aria. In generale, però, è importante lavorare per preservare questi insetti. Se parliamo di api da miele “condotte” dagli umani, oggi i dati sono positivi. In Italia c’è una crescita intorno al 10-15% all’anno. Discorso diverso per le api selvatiche che, in un contesto di cambiamenti climatici ed ecosistemi in declino, sono invece in forte sofferenza”.
Mentre in tutto il Paese continuano le operazioni per aiutare l’esistenza degli impollinatori e per preservare gli insetti e la biodiversità, anche grazie ai controlli dei Carabinieri forestali sull’uso corretto in agricoltura di fitofarmaci e pesticidi, secondo Cirone serviranno ulteriori sforzi per difendere un comparto e una economia, quella del miele, oggi, fortemente minacciata dalla crisi del clima in corso e non solo.
Un rapporto dell’ISPRA sottolinea come le pressioni antropiche, dalla distruzione e frammentazione degli habitat sino all’inquinamento, la diffusione di specie aliene invasive, di patogeni e parassiti, così come i cambiamenti climatici, incidano profondamente sulla vita degli impollinatori. Attenzioni come la realizzazione di siepi tra i filari delle colture erbacee e di zone arboree, macchie di piante selvatiche da fiore e riduzione dei pesticidi, sono semplici pratiche in grado di aiutare e favorire la ripresa delle popolazioni, ma serve un impegno maggiore per poterle attuare.